Attacco alla cucina italiana sul Times: perché è una "truffa"
Un articolo del 'Times' attacca la cucina italiana diventata Patrimonio Immateriale dell'Umanità dell'Unesco: la polemica e la risposta dell'autore

Ha fatto discutere un articolo pubblicato sul ‘Times’ a firma Giles Coren, autore notoriamente satirico e pungente, sulla decisione dell’Unesco di riconoscere la cucina italiana come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Il pezzo è stato interpretato come un attacco alla tradizione del nostro Paese, ma lo stesso autore ha spiegato che le intenzioni erano molto diverse.
L’attacco alla cucina italiana sul Times
Nel suo lungo articolo Giles Coren, giornalista, critico gastronomico e opinionista britannico, ha reagito all’inserimento della cucina italiana tra i Patrimoni Unesco. In un passaggio del pezzo, riportato dal ‘Corriere della Sera’, si legge:
“Il riconoscimento assegnato questa settimana dall’Unesco alla cucina italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità era prevedibile, servile, ottuso e irritante. Da quando scrivo di ristoranti combatto contro la presunta supremazia del cibo italiano. Perché è un mito, un miraggio, una bugia alimentata da inglesi dell’alta borghesia, mangiatori di fiori di loto con palati da bambini viziati, che all’inizio degli anni Novanta trasferirono le loro residenze estive in Toscana”.
Il giornalista e critico ha definito “una truffa” la scelta dell’Unesco, indicando nella cucina inglese quella da difendere: un’affermazione ironica, servita come il resto dell’articolo per elencare i difetti della cucina nazionale britannica. Coren, infatti, ha poi scritto:
“Se c’è una cucina nazionale che l’Unesco dovrebbe riconoscere per il suo valore culturale eterno e la sua importanza politica unica, è quella inglese. Inclusi, ma non solo: il toast bruciato appena prima che scatti l’allarme antincendio; le colazioni degli hotel economici, prodotte in un unico oscuro centro da troll ciechi con materiali di fortuna; gli spaghetti col ketchup; la torta di Haribo sciolta in macchina ad agosto; i noodles cinesi croccanti incollati alla tovaglia; lo snakebite and black, il Barolo britannico; le salsicce Heinz con fagioli, che contengono tutti i gruppi alimentari conosciuti; i panini al ketchup; il porridge, isolante da sottotetto ammorbidito con acqua, e naturalmente la Terry’s Chocolate Orange. Questa sì che è cultura. Altro che pomodori!”.
La replica dell’autore
Le vere intenzioni dell’articolo pubblicato sul ‘Times’ sono state poi chiarite dallo stesso Giles Coren, in seguito alle tante polemiche scaturite dal pezzo. L’autore si è rammaricato per non essere stato compreso, rivelando di aver ricevuto diverse email aggressive:
“Forse la figura retorica dell’iperbole non è più praticata nella scrittura italiana – la risposta di Coren riportata dal ‘CorSera’ – e dire che, un tempo, in Italia, la satira era un’arte raffinata. Fu proprio Orazio a codificarla. Ma dalle numerose email aggressive e dai messaggi sui social che ho ricevuto da italiani sembra che quest’arte, da quelle parti, si sia estinta o quasi”.
Coren ha anche rivelato di essere stato in Italia, dove ha avuto l’occasione di provare la nostra cucina: “Sono stato in Italia, l’ho percorsa molte volte da Nord a sud, ho mangiato piatti straordinari, ma anche piatti pessimi, esattamente come mi è capitato in tutti gli altri Paesi che ho visitato. Ma in tutto questo non c’è nulla di particolarmente comico o satirico, vero?”.
Pur chiarendo l’intento ironico del suo articolo, Giles Coren ha comunque ribadito che per lui, considerare la cucina di un Paese superiore a quella di un altro è ridicolo: “È ovvio che tutte le cucine nazionali abbiano pari valore e dignità. In ogni Paese si è convinti che la propria cucina sia la migliore. Ma quando certi inglesi benestanti proclamano la cucina italiana come la migliore in assoluto, la cosa mi appare intrinsecamente comica.
Perché lo fanno non per amore del cibo, ma come segno di ricchezza, elitarismo e sofisticatezza. Il cibo, però, è cibo, e basta. E la cucina di una Nazione non può mai essere ‘migliore’ di quella di un’altra. Per questo motivo, il gesto dell’Unesco non può che apparire a qualsiasi persona sana di mente come qualcosa di insieme ridicolo e grottesco”.
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