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Nel Parco dello Stelvio trovate migliaia di orme di dinosauri

Nel Parco Nazionale dello Stelvio sono state rinvenute migliaia di grandi orme di dinosauri che sembrano risalire a più di 200 milioni di anni fa

Pubblicato:

Martina Bressan

Martina Bressan

SEO copywriter e Web Content Editor

Appassionata di viaggi, di trail running e di yoga, ama scoprire nuovi posti e nuove culture. Curiosa, determinata e intraprendente adora leggere ma soprattutto scrivere.

Il Parco Nazionale dello Stelvio è uno dei gioielli naturalistici più importanti d’Italia. Istituito nel 1935, si estende su un territorio vastissimo che interessa Lombardia, Trentino-Alto Adige e una piccola parte del Veneto. Un’area caratterizzata da ghiacciai, valli, alte vette, boschi e una biodiversità straordinaria. In questi giorni il Parco dello Stelvio sta facendo molto parlare per un nuovo ritrovamento eccezionale: migliaia di orme di dinosauri fossilizzate sono state scoperte vicino a Bormio.

La scoperta delle orme di dinosauri al Parco dello Stelvio

Migliaia di orme larghe fino a 40 centimetri, alcune presentano anche artigli ben visibili, sono state ritrovate nello Stelvio. Le impronte sono state individuate su una parete rocciosa nel Parco Nazionale dello Stelvio, nella zona della Valle di Fraele, vicino a Bormio, territorio che a breve ospiterà le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Secondo gli studiosi si tratterebbe di uno dei siti di impronte di dinosauri più estesi al mondo. Risalirebbe al periodo triassico superiore, che è il primo periodo dell’Era Mesozoica databile circa 251-201 milioni di anni fa.

Le tracce appartengono con grande probabilità a dinosauri erbivori dal collo lungo e la testa piccola (forse i plateosauri) che potevano raggiungere i 10 metri di lunghezza e pesare diverse tonnellate. Le numerose impronte raccontano i movimenti complessi dei branchi all’epoca. Quella che ora viene chiamata “la valle dei dinosauri” è stata presentata alla comunità dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala, dal Presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, e da altri esperti protagonisti del rinvenimento.

Questa scoperta si inserisce in un filone di ritrovamenti che negli ultimi anni sta interessando le montagne italiane, anche a causa dello scioglimento dei ghiacciai legato al cambiamento climatico. Nel 2024, nel cuore della Valtellina e più precisamente nel Parco delle Orobie Valtellinesi, era emerso un ecosistema fossile risalente a circa 280 milioni di anni fa, quindi ancora precedente alla comparsa dei dinosauri.

Le parole degli esperti sulla scoperta allo Stelvio

A raccontare l’importanza del ritrovamento dello Stelvio sono stati gli stessi protagonisti della scoperta, come riportato da ‘La Repubblica’. A individuare per primo le impronte è stato Elio Della Ferrera, fotografo naturalista professionista, che a settembre scorso si trovava nella Valle di Fraele per scattare delle fotografie alla fauna locale. Osservando le pareti rocciose, il fotografo ha notato, però, qualcosa di insolito e le forme presenti a lui sono subito sembrate delle strane impronte.

Così ha scattato delle foto e ha messo in moto la macchina degli esperti. Successivamente, il fotografo e il paleontologo Cristiano Dal Sasso del Museo di Storia Naturale di Milano sono tornati sul posto con i rappresentanti del Parco dello Stelvio, i Carabinieri e un team di professionisti. L’uso di droni si è rivelato utile per documentare un’area dove non sempre arrivano sentieri dato che le impronte sembrano estendersi per diversi chilometri.

Nel gruppo c’erano anche l’esperto di tracce del Museo della Scienza di Trento, Fabio Massimo Petti, e il geologo dell’Università di Milano Fabrizio Berra. “Dopo trentacinque anni di attività non avrei mai immaginato di trovarmi davanti a una scoperta così spettacolare, e proprio nella regione in cui vivo”, ha dichiarato Dal Sasso a ‘La Repubblica’, sottolineando l’importanza del ritrovamento.

Berra, geologo dell’Università di Milano sempre a ‘La Repubblica’ ha spiegato: “Abbiamo di fronte uno dei siti di impronte più grandi e antichi d’Italia, paragonabile per la densità delle orme ad Altamura, in Puglia, ma molto più vecchio.” Ora la neve renderà inaccessibile la zona fino alla prossima primavera, ma, secondo gli esperti, le future ricerche richiederanno tecniche alpinistiche oltre a un largo uso di droni e di tecnologie avanzate.