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Scoperta a Pompei, trovata una panchina d'attesa: a cosa serviva

Una nuova importante scoperta è avvenuta nel Parco archeologico di Pompei, vicino alla Villa dei Misteri: è stata rinvenuta una panchina d’attesa

Pubblicato:

Martina Bressan

Martina Bressan

SEO copywriter e Web Content Editor

Appassionata di viaggi, di trail running e di yoga, ama scoprire nuovi posti e nuove culture. Curiosa, determinata e intraprendente adora leggere ma soprattutto scrivere.

Pompei è uno dei siti archeologici più affascinanti e importanti del mondo, un luogo che da secoli restituisce testimonianze preziose dell’antica Roma. Ogni campagna di scavi porta con sé nuove sorprese e arricchisce la nostra conoscenza su come vivevano gli abitanti della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Nonostante siano trascorsi oltre due secoli dall’inizio delle esplorazioni, infatti, Pompei continua a riservare rivelazioni straordinarie. L’ultima scoperta realizzata nell’area della celebre Villa dei Misteri è quella di una panchina. Nonostante sembri qualcosa di banale, in realtà racconta molto della vita dell’epoca.

A Pompei è stata scoperta una panchina d’attesa

L’ultimo rinvenimento a Pompei è quello di una vera e propria “panchina d’attesa”, collocata davanti all’ingresso monumentale della domus. Un reperto che, sebbene semplice nella sua struttura, ha un enorme valore simbolico, perché racconta usi e dinamiche sociali tipiche della vita romana.

Gli scavi condotti nell’area nord-occidentale della Villa dei Misteri hanno portato in luce, dopo la demolizione di un edificio abusivo, non solo l’ingresso monumentale della villa ma anche un tratto della via Superior, alcuni ambienti del quartiere servile e una cisterna voltata. Ma ciò che ha catturato l’attenzione degli studiosi è stata la presenza di una panchina di pietra, posizionata proprio davanti all’entrata della domus, lungo la strada.

Secondo gli archeologi, quella panchina non era un semplice elemento architettonico, ma uno spazio funzionale alla pratica della salutatio, un rituale tipico della società romana. Altre panchine si trovano anche davanti ad altre domus di Pompei. Ogni mattina, infatti, i padroni di casa ricevevano i propri “clientes” che erano persone di rango sociale inferiore. Questi in cambio di favori, denaro o sostegno giudiziario, garantivano il loro appoggio politico nelle elezioni locali.

Chi desiderava incontrare il dominus della villa, ovvero il padrone, spesso doveva aspettare a lungo, e la panchina rappresentava lo spazio destinato a quell’attesa. Questo elemento, dunque, non era solo funzionale ma anche simbolico: più persone si vedevano in attesa davanti all’ingresso di una domus, più prestigio e influenza venivano attribuiti al padrone di casa.

Le parole del Direttore del Parco di Pompei

La scoperta della panchina è stata possibile grazie alla collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata. L’abbattimento dell’edificio abusivo che per quasi un secolo aveva bloccato gli scavi nell’area ha consentito finalmente di riprendere le ricerche interrotte negli anni venti dall’archeologo Amedeo Maiuri. Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha sottolineato come questa scoperta arricchisca la visione della vita quotidiana a Pompei.

Il ‘Corriere della Sera’ ha ripreso le parole del direttore del Parco Zuchtriegel: “Durante le lunghe ore di attesa spesso non sapevi se il padrone ti avrebbe ricevuto quel giorno – spiega– forse la sera prima aveva fatto le ore piccole e preferiva dormire, oppure aveva altro da fare. Allora qualcuno che aspettava qui, con un oggetto appuntito o con un pezzo di carbone scriveva sul muro per passare il tempo: si riesce a leggere una data, però senza anno, e un possibile nome.”

Zuchtriegel ha evidenziato anche il valore sociale della scoperta: ciò che un tempo era un privilegio riservato a pochi eletti, oggi è accessibile a tutti. Anche il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, ha voluto sottolineare l’importanza del lavoro sinergico che ha reso possibile il ritrovamento. La demolizione delle costruzioni abusive ha, infatti, rappresentato un passo importante che ha permesso agli archeologi di accedere all’area e riportare alla luce quanto era rimasto fino a ora nascosto.