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Gatto selvatico in Toscana, è tornato il "fantasma dei boschi"

Il gatto selvatico è tornato in Toscana: lo confermano i monitoraggi sull’Appennino che registrano nuove prove della presenza del fantasma dei boschi

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Valentina Alfarano

Valentina Alfarano

Editor & Coach Letterario

Lavorare con le storie è la mia missione! Specializzata in storytelling di viaggi, lavoro come editor di narrativa e coach di scrittura creativa.

 

Per anni il gatto selvatico è rimasto un’ombra nelle cronache naturalistiche locali, più memoria che presenza; poi, sull’Appennino pistoiese, alcuni indizi hanno riacceso l’attenzione: una coda inanellata ripresa di notte, un’andatura diversa da quella dei gatti domestici, un’ombra tra i faggi. Da quei segnali è nata la conferma del ritorno del gatto selvatico in Toscana, il vero “fantasma dei boschi.

Perché il gatto selvatico è tornato in Toscana

La prima segnalazione significativa è arrivata nel marzo del 2022, quando una fototrappola dell’Oasi Dynamo, riserva naturale affiliata al Wwf, ha immortalato un esemplare dalle caratteristiche compatibili con il felino europeo. Mantello striato, coda spessa e ben anellata, netta distinzione cromatica tra dorso e fianchi: elementi che hanno suggerito subito che non si trattasse di un semplice gatto rinselvatichito.

Il materiale è stato condiviso con Andrea Sforzi, direttore del Museo di Storia Naturale della Maremma, impegnato nel progetto nazionale di monitoraggio della specie; la sua analisi ha rappresentato un passaggio chiave, perché ha confermato che la fotografia documentava una presenza da tempo attesa nella porzione settentrionale della regione, dove mancavano riscontri certi da anni.

Da quel momento, nell’Oasi è iniziato un lavoro sistematico: un monitoraggio continuo basato su fototrappole distribuite lungo diversi corridoi ecologici e su un caricamento costante dei video all’interno del progetto nazionale. Grazie a questi dati è stata proposta una classificazione preliminare: almeno tre esemplari distinti mostrerebbero tratti fenotipici compatibili con il gatto selvatico europeo, inserito nella Lista Rossa.

Nel giugno 2023, per ampliare lo spettro delle informazioni, sono stati posizionati nell’area dei paletti rivestiti di nastro biadesivo e impregnati di erba gatta.

L’obiettivo è raccogliere campioni di pelo lasciati spontaneamente dagli animali, utili per verificare tramite analisi genetiche l’effettiva appartenenza alla specie, come già accaduto in Trentino; i risultati finali non sono ancora disponibili, ma rappresenteranno un tassello fondamentale per confermare in modo definitivo il quadro emerso negli ultimi due anni.

Le nuove prove del “fantasma dei boschi”

Accanto ai metodi tradizionali, negli ultimi mesi è entrato in funzione un dispositivo più sofisticato: una reflex trap ad alta definizione installata dal fotografo naturalista e guida ambientale Pietro Bartoli. Questo strumento ha permesso di catturare immagini nitide dei movimenti notturni del felino, documentando comportamenti che normalmente sfuggono anche agli esperti.

Proprio queste riprese hanno rafforzato ulteriormente le evidenze raccolte finora, contribuendo a definire una traccia più solida della presenza del gatto selvatico sull’Appennino pistoiese. Le immagini, secondo gli operatori dell’Oasi, hanno rivelato abitudini coerenti con la specie: spostamenti riservati, preferenza per aree boscose fitte, attività più marcata nei tratti crepuscolari e notturni.

Come riportato sul “Corriere della Sera”, Giulia Santalmasi, responsabile dei progetti di ricerca, educazione e conservazione dell’Oasi Dynamo, ha commentato che è “Un risultato importante non solo per Oasi Dynamo, ma per tutto il territorio, che ci spinge a proseguire con ancora più convinzione nel coinvolgere la comunità in un percorso di conoscenza e conservazione condivisa. Per questo, da molti anni ormai, affianchiamo al monitoraggio tecnico attività educative e divulgative, fondamentali per costruire consapevolezza e promuovere una cultura ambientale”.

La sua presenza in Toscana, secondo l’Ispra, è un indicatore prezioso delle condizioni ecologiche degli ecosistemi appenninici e della loro capacità di sostenere specie rare e sensibili alla frammentazione degli habitat. Il Museo di Storia Naturale della Maremma, insieme a Ispra e al Ministero dell’Ambiente, sta lavorando alla creazione di una banca dati nazionale integrata per coordinare queste informazioni e metterle a disposizione della comunità scientifica.