Nel Mediterraneo è tornata la foca monaca: avvistati 55 esemplari
Nel Mediterraneo la foca monaca registra 55 avvistamenti confermati secondo i dati che indicano un ritorno importante della specie nelle acque italiane

Negli ultimi mesi, il ritorno della foca monaca nel Mediterraneo è diventato centrale nel dibattito sulla conservazione marina. Dopo anni di segnalazioni isolate, un progetto di monitoraggio triennale ha raccolto dati che delineano un nuovo quadro che ha confermato una presenza più stabile di quanto ci si aspettasse.
Dove sono ricomparse le foche monache nel Mediterraneo
Il recente censimento, realizzato all’interno di un progetto coordinato dalla Fondazione Acquario di Genova Onlus insieme all’università di Milano-Bicocca e al Gruppo Foca Monaca Aps, ha analizzato in modo sistematico la presenza della foca monaca mediterranea in diverse zone del bacino.
L’iniziativa, avviata nel 2023, ha coinvolto più di quaranta organizzazioni: centri diving, enti di ricerca, aree marine protette, associazioni ambientaliste e numerosi cittadini formati per raccogliere campioni di eDNA, la tecnica che utilizza tracce di materiale genetico disperso in acqua per identificare gli organismi presenti.
Il lavoro congiunto ha permesso di ottenere una fotografia molto più precisa dello stato della specie. Tra il 2023 e il 2025, sono stati raccolti circa 290 campioni di acqua in aree distribuite tra Tirreno, Adriatico, Mar Ligure e zone più occidentali del Mediterraneo.
Le analisi hanno individuato segnali genetici compatibili con la foca monaca in oltre cento casi, un risultato considerato eccezionale dagli esperti. Parallelamente, sono stati registrati 64 avvistamenti, di cui 55 confermati, distribuiti soprattutto tra arcipelago Toscano, Sardegna nord-orientale, Adriatico, Baleari e, più recentemente, nel Mar Ligure centrale e lungo le coste francesi e spagnole.
Il quadro emerso ha dato nuova consistenza a segnalazioni che in passato erano state isolate o non verificabili. Alcuni episodi, come la presenza di due esemplari nel Golfo di Napoli nel 2025, hanno alimentato l’ipotesi di una ripresa dell’attività riproduttiva nella parte centrale del Mediterraneo.
Un indizio ancora precedente era arrivato nel 2023, quando in Calabria era stato trovato un cucciolo, purtroppo morto, lungo circa 90 centimetri: un evento che all’epoca aveva suscitato attenzione ma che oggi si inserisce in un contesto più ampio e significativo.
Perché gli avvistamenti di foca monaca sono importanti
Il ritorno della foca monaca in queste aree rappresenta un indicatore ambientale di grande rilievo. Per decenni, la specie ha subito pressioni fortissime dovute alla perdita di habitat costieri, al disturbo umano e alla riduzione delle risorse alimentari.
Nel 2023 era classificata come “Vulnerabile” nella Lista Rossa Iucn, con una popolazione stimata di circa 700 individui distribuiti soprattutto nel Mar Egeo e nelle acque atlantiche di Madera e Capo Verde. Le zone centrali e occidentali del Mediterraneo, invece, risultavano quasi prive di dati aggiornati.
Il progetto ha cominciato a colmare questo vuoto informativo, offrendo un metodo non invasivo ed estremamente efficace. L’eDNA, sviluppato e applicato nel contesto della specie dalla professoressa Elena Valsecchi della Milano-Bicocca, ha reso possibile individuare aree frequentate dagli animali anche in assenza di osservazioni dirette, ampliando in modo significativo la capacità di monitoraggio.
Come riportato sul ‘Corriere della Sera’, il segretario generale della Fondazione Acquario di Genova onlus, Antonio Di Natale, ha spiegato: “Questi tre anni hanno visto uno sforzo comune di tre istituzioni italiane, supportate anche da 11th Hour Racing, con l’obiettivo comune di avere dati recenti sulla distribuzione attuale della foca monaca, con particolare riferimento anche alla parte nord occidentale del Mediterraneo, un’area dove la presenza era molto scarsamente documentata”.
Di Natale ha inoltre sottolineato l’importanza di “addestrare una serie di persone a condurre attività di citizen science sulla base di una preparazione anche coinvolgente. Senza dimenticare la possibilità di riscontrare la presenza della foca monaca in zone dove mancavano dati precedenti, confermando l’attività di esplorazione o riconquista di antiche aree di distribuzione, un fatto veramente importante per la sua conservazione”.
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