"Il centro storico di Napoli è morto": colpa dell'overtourism
"Il centro storico di Napoli è morto" è quanto denuncia il sociologo Francesco Calicchia, residente nel quartiere Sanità, che parla di overtourism
Napoli è una delle città più affascinanti d’Italia. I suoi tesori artistici, dal Cristo Velato alla Cappella Sansevero, le sue tradizioni popolari, la cucina che ha reso celebre nel mondo la pizza e i suoi paesaggi che spaziano dal Vesuvio al Golfo, hanno reso la città partenopea una delle mete turistiche più amate a livello internazionale.
Negli ultimi anni, però, il successo turistico di Napoli ha iniziato a trasformarsi in un problema. Se da un lato il turismo rappresenta una risorsa economica fondamentale, dall’altro rischia di compromettere l’anima della città. È il fenomeno dell’overtourism, che sta già devastando città come Venezia e Firenze, e che oggi interessa con forza anche la città partenopea.
“Il centro storico di Napoli è morto”: la denuncia
I numeri parlano chiaro già da tempo: secondo i dati del 2024, le presenze turistiche a Napoli hanno toccato quota 14,5 milioni, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Complici la visibilità offerta da serie tv come L’Amica geniale e Mare Fuori, ma anche creator e influencer che celebrano la città come destinazione imperdibile. Napoli è così diventata tappa fissa per viaggiatori di ogni parte del mondo, ma questa popolarità ha un costo.
“Il centro storico di Napoli è morto. Quelle strade non sono più quartieri. Non ci sono più napoletani, non c’è più vita vera”, denuncia il sociologo e attivista Francesco Calicchia, residente nel quartiere Sanità. La frase non è solo una provocazione, ma il cuore di un reportage pubblicato in inglese da POLITICO EU, che descrive Napoli come un “centro commerciale a cielo aperto, ridotto a un parco giochi per turisti.”
Basta una passeggiata su Via dei Tribunali per rendersi conto della situazione. File interminabili davanti alle pizzerie più celebri, gruppi di turisti distratti che affollano i vicoli senza conoscerne la storia, e persino nuove “tradizioni” inventate ad hoc per i social. Quello che rendeva Napoli unica, la sua vitalità, le relazioni di vicinato, la vita di strada, rischia così di sparire, sostituito da un turismo “mordi e fuggi” che consuma ma non restituisce nulla al territorio.
Overtourism a Napoli: tra rischi e soluzioni
Il fenomeno dell’overtourism non è nuovo in Italia. Venezia, Firenze e Cinque Terre hanno già affrontato le conseguenze del turismo di massa: residenti in fuga, prezzi insostenibili, centri storici svuotati e mercificati. Per contrastare il problema, alcune città hanno introdotto misure drastiche, come il ticket d’ingresso già in vigore a Venezia o le prenotazioni obbligatorie per accedere a siti naturalistici come le Dolomiti.
Napoli, che fino a pochi anni fa viveva un turismo meno aggressivo rispetto ad altre mete, oggi si trova davanti allo stesso bivio. Il boom di visitatori ha aggravato emergenze già presenti: traffico, rifiuti, carenza di servizi e mancanza di regole chiare sulle locazioni brevi.
C’è chi propone anche qui un ticket di ingresso per i turisti giornalieri, sull’esempio veneziano. Una misura pensata per ridurre l’afflusso e preservare il patrimonio storico, ma che divide l’opinione pubblica. Da un lato c’è chi sostiene che sia l’unico modo per difendere la città dal collasso; dall’altro chi teme che un provvedimento simile limiti la libertà di visitare Napoli e scoraggi il turismo stesso.
Il dibattito è acceso. Aveva fatto molto discutere qualche mese fa un post di Angelo Mazzone, fondatore di “Milano Segreta”, che aveva scritto il turismo a Napoli “fa schifo” e risulta “mortificante” sia per la città che per i suoi abitanti. Mazzone aveva dichiarato che non è tanto una questione di numeri, quanto di gestione. Il rischio è che Napoli diventi un parco a tema, incapace di offrire un’esperienza autentica.
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