Allarme cappero IGP di Pantelleria: cosa sta succedendo
I capperi IGP di Pantelleria sono uno dei prodotti tipici dell'isola famosi ormai in tutto il mondo ma la loro raccolta sembra sempre più a rischio

I capperi di Pantelleria sono uno dei prodotti più pregiati della gastronomia italiana, noti in tutto il mondo per il loro aroma intenso e inconfondibile. Ingrediente fondamentale in numerose ricette questo piccolo bocciolo rappresenta un simbolo dell’isola siciliana, tanto da ottenere il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta).
I capperi di Pantelleria sono, però, oggi al centro di un allarme: la produzione rischia di ridursi drasticamente a causa della mancanza di manodopera. La raccolta dei capperi è un lavoro faticoso e poco attrattivo per i giovani, e senza raccoglitori disponibili il rischio è quello di vedere andare perduta una tradizione secolare, oltre a un’eccellenza che da sempre caratterizza l’identità di Pantelleria.
Il cappero di Pantelleria è a rischio
Pantelleria è un’isola di origine vulcanica nel cuore del Mediterraneo che era molto amata anche dallo stilista Giorgio Armani. L’isola conquista per i suoi paesaggi selvaggi, i dammusi in pietra lavica e le acque cristalline. Ma Pantelleria è famosa anche per i suoi prodotti gastronomici unici, legati alla sua terra: il celebre Passito di Pantelleria DOC, i vini da zibibbo, le olive e naturalmente i capperi di Pantelleria IGP, simbolo assoluto dell’isola.
Il cappero non è un semplice prodotto, ma è parte della cultura dell’isola. La pianta del cappero cresce infatti tra i muretti a secco, patrimonio UNESCO, che caratterizzano il paesaggio isolano. Nel 1996 i capperi di Pantelleria hanno ottenuto la certificazione IGP, che ne tutela l’origine e ne valorizza le caratteristiche distintive.
La raccolta, tradizionalmente svolta tra giugno e agosto, richiede grande pazienza e attenzione: ogni bocciolo va staccato a mano, uno per uno, nelle prime ore del mattino. È un lavoro di precisione, che da sempre coinvolge intere famiglie e che ha rappresentato una fonte di reddito fondamentale per la comunità locale. Oggi, però, questa tradizione è a rischio. Le aziende agricole dell’isola faticano a trovare manodopera disponibile: il lavoro è faticoso, poco attrattivo per i giovani e non sempre garantisce un guadagno competitivo rispetto ad altre occupazioni.
Quest’anno, ad esempio, i raccoglitori venivano pagati 13,50 euro al chilo di capperi raccolti, una cifra che non è bastata ad attirare abbastanza persone per coprire le esigenze delle coltivazioni. La conseguenza è che una parte del raccolto rischia di restare “appesa alla pianta”, con inevitabili danni economici per le aziende e un impatto diretto sulla disponibilità futura di capperi certificati IGP.
I dati della crisi del cappero di Pantelleria
La situazione allarmante è stata raccontata anche da ‘Ansa’, che ha riportato le parole di Emanuela Bonomo, presidente della Cooperativa Capperi di Pantelleria. Secondo Bonomo, la situazione è ormai critica: “Nei prossimi anni la produzione del prodotto simbolo dell’isola potrebbe scomparire perché mancano i raccoglitori.” L’allarme non è solo una previsione, ma si basa su numeri concreti.
I dati della cooperativa parlano chiaro: nel 2022 la raccolta aveva raggiunto le 61,73 tonnellate di prodotto IGP, ma già l’anno successivo si era registrato un drastico calo, con appena 40,812 tonnellate. Nel 2024 la produzione a Pantelleria si è leggermente ripresa, arrivando a 47,550 tonnellate, ma resta lontana dai numeri del passato. Sempre su ‘Ansa’ si legge: “Abbiamo assistito a una drastica riduzione dei capperi conferiti alla nostra cooperativa – spiega Bonomo – e andando avanti così rischiamo di far scomparire una tradizione secolare per la nostra isola.”
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